La bellezza è un appagamento.
L’appagamento produce in noi un benessere in grado di influenzare le nostre funzioni vitali.
Tutti noi vogliamo appagarci e tendiamo ad osservare tutto ciò che è in grado di attrarci e soddisfarci.
I ritratti dissolti presenti in Art On Canvas hanno canoni estetici che non puntano sulla riconoscibilità del soggetto, della sua espressione ma fanno diventare il soggetto non più riconoscibile. Questo elemento è fondamentale per poterci concentrare non più sul riconoscibile ma sull’imponderabile.
Una sorta di trasposizione dall’umano al sacro.
Dell’umano non resta che una vaga forma composta da una nube di pigmenti visivi, molecole di colore che nei loro percorsi turbinosi ci rimandano a forze naturali incontrollabili ed in continuo movimento.
In quelle forme possiamo cogliere mondi inaspettati che ci aprono alla meraviglia.
Fanno nascere emozioni, sensibilità, dolore o gioia che ci arrivano prepotenti dentro di noi svelandoci che quello che ci attrae è proprio quell’abisso, del non conosciuto che tenta telepaticamente di dialogare con noi.
Generalmente i canoni estetici vengono anche costruiti, tramandati per creare modelli culturali di appartenenza sociale.
In questo caso nulla è stato costruito per indurci a seguire un modello piuttosto che un altro. Ognuno rimane se stesso di fronte ad un altro.
Il racconto inizia senza un dialogo ma solo nell’osservazione dell’altro che forse potresti essere tu.
Nelle sfumature di colore delle mie astrazioni ho cercato un canone estetico naturalmente appagante.
Nubi di particelle che si mescolano tra di loro come le nuvole di un tramonto, l’irrequietezza di una fiamma, il placido trascorrere dell’acqua, il fremito delle foglie, i turbini del vento, scopro canoni estetici che risiedono nella forza comunicativa della Natura. La Natura usa il linguaggio dell’arte per esprimersi e comunicare.
Un canone estetico diventa appagante quando ci attrae.
L’attrazione si attiva quando si mescolano una serie di elementi alchemici, biochimici ed esperienziali tra loro.
Ricordo di aver conosciuto, molti anni fa, una artista molto ma molto grassa.
Il fascino che emanava quel viso che con tanta grazia si portava appresso quel corpo circondato da forme bellissime, sinuose ed accoglienti è stato per me sorprendente.
Da quel momento capii che il mio concetto di canone estetico aveva subito un cambiamento.
Qualcosa di affascinante e di appagante era entrato nei miei codici di bellezza: il fascino dell’armonia dell’abbondanza. Il canone estetico quindi muta si modella e si rende conforme alle esigenze delle nostre cellule.
Fissare, imprimere, trasmettere dei canoni estetici è sempre stata una delle sfide dell’uomo.
Il canone estetico è quindi anche riconoscimento. L’essere appagati di ciò che riconosciamo e ci attrae ci induce alla contemplazione ed eleva il nostro spirito.
Riconoscimento ed accettazione sono elementi che influenzano fortemente i nostri gusti estetici.
Se viene a mancare la consapevolezza che ogni essere o cosa, nella sua diversità, ha un ruolo fondamentale nel fornire canoni estetici poliedrici e necessari a soddisfare una moltitudine di richieste, allora ci potrà assalire un senso di deprimente esclusione. I canoni estetici imposti, nei secoli, sulla bellezza femminile ne sono un esempio. La donna è sempre stata icona del desiderio. La sua immagine, bella e rara è mutata, si è adattate alle esigenze del periodo storico in cui viveva.
I corpi e le persone che propongo nelle mie opere non sono più riconoscibili o riconducibili ad un canone estetico databile. Nelle figure che trasfiguro sino alla loro dissoluzione il canone estetico diventa una nuova entità godibile quanto la forma di una nuvola nel cielo.